Il Complesso termale di via Terracina.
Le terme di via Terracina vennero alla luce durante i lavori di realizzazione della Mostra d’Oltremare nel 1939, complesso che doveva accogliere la visita ufficiale di Hitler e Mussolini a Napoli.
Napoli – ritrovamenti archeologici alla mostra d’oltremare (VIDEO)
Negli anni ’60 parte delle strutture furono distrutte dall’ampliamento della via. Diversi erano i possibili percorsi. Quello principale prevedeva, passando per lo spogliatoio, l’apodyterium (F), soste negli ambienti caldi (G, H, I, L), quindi la permanenza nel calidarium (M) per il bagno caldo, ed infine, attraverso il vano N, l’accesso al frigidarium (R) la sala per i bagni freddi.
AA.VV., “Le terme di via Terracina”, in I Campi flegrei. Un itinerario archeologico, a cura di P.Amalfitano, G. Camodeca, M.Medri, Napoli 1990.
Il complesso termale, articolato su più livelli, era alimentato dall’acquedotto del Serino. Esso risale alla prima metà del II secolo d.C, e trova riscontro nelle coeve terme del foro di Cuma, impianti che fanno riferimento alla tipologia alle Villa Adriana a Tivoli, alle terme di Ostia, nonché alle terme minori in Africa. Probabilmente queste terme erano un luogo di sosta sulla strada che univa Pozzuoli a Napoli.
Molteplici e diversificate erano le attività che trovavano posto nelle terme: accanto agli ambienti riservati ai bagni, infatti, ne erano previsti altri per i massaggi, per la depilazione e ancora depositi di unguenti ed attrezzi. Le terme nell’antichità sono state luogo di incontri, di relazione e vita sociale, di trasmissione della cultura. Legati a questi luoghi erano spesso edifici adibiti alle pratiche sportive (palestra), questa era solitamente costituita da un cortile aperto con colonnato e talvolta dotato di piscina (natatio). Nel complesso di via Terracina, ancora incerta è l’ubicazione di tali spazi, dal momento che non tutto il monumento è stato riportato alla luce, in particolare il suo lato N-O. Successivamente all’impianto furono annessi il corridoio di ingresso (A), gli ambienti (B), forse identificabili come tabernae, e la latrina (C).
Tutte le stanze calde presentano pareti con intercapedine per la diffusione dell’aria calda che scorreva negli spazi tra la parete ed i rivestimenti, realizzati con tegole provviste di peduncoli (tegulaemammatae). Sotto i pavimenti un sistema di rialzamento del piano costituito da pilastrini (tubuli) creava un sistema di riscaldamento indiretto, basato sulla circolazione di aria calda generata da un forno a legna (hypocausis) inserito al di sotto. Per potenziare il riscaldamento dei grandi ambienti termali si giunse ad una soluzione alternativa con la realizzazione di un forno di alimentazione laterale (praefurnium).
Nelle strutture di Via Terracina prevale l’opusmixtum, molto diffuso in area flegrea, realizzato con specchiature in reticolato e stipiti ad ammorsature in mattoni (opus latericium); per le sue qualità di conduttore di calore il laterizio è usato moltissimo negli ambienti caldi e vasche. Negli ambienti non riscaldati il tipo di muratura predominante è invece l’opus vittatum, tufelli rettangolari alternati con filari in mattoni.
Sul lato S-O le terme si aprivano sulla strada lastricata che costituisce uno dei tratti conservati della via romana Neapolis – Puteolim. Di questa nelle Mostra d’Oltremare si conserva un secondo tratto.
La descrizione delle terme di Via Terracina la ritroviamo nella Thermologia Aragonese del 1679 di Sebastiano Bartoli, il quale fu incaricato dal Viceré Don Predo Antonio de Aragona di redigere un elenco dei bagni presenti da Napoli a Pozzuoli.